Come valorizzarsi?

La teoria delle 5V

Quando si parla di valorizzazione personale e professionale ci sono dei punti, dimensioni e variabili che non possiamo trascurare.

Di seguito, vi parlerò di 5 dimensioni che sono riportate nella teoria delle 5V. Teoria che racchiude gli aspetti sui quali porre attenzione al fine di valorizzare la propria persona e di conseguenza sapersi creare situazioni personali e professionali in linea con il proprio essere.

1.VERBALITA’

La prima V è costituita dalla dimensione della comunicazione.

Se si vuole comunicare in modo efficace bisogna tenere conto della:

  • comunicazione verbale (come esprimiamo ciò che vogliamo dire, quali parole scegliamo per esprimere il contenuto);
  • comunicazione non verbale (la postura, i gesti e lo sguardo);
  • comunicazione para verbale (il tono di voce e il ritmo dell’eloquio);
  • l’ascolto che prestiamo all’altro;
  • la situazione che scegliamo per comunicare.

Inoltre, è importante riconoscere anche lo stile che ci caratterizza:

  • stile passivo, che tende a dare una scarsa valutazione di sé e la persona fa fatica o quasi incapace di affermare i propri diritti,
  • stile aggressivo dove la persona tenderà a dominare e svalutare gli altri affermando solo i propri diritti,
  • stile assertivo che si colloca tra l’essere passivi e di contro l’essere aggressivi.

Lo stile più efficace e che ci permette di comunicare e costruire delle relazioni solide è sicuramente quello assertivo. In questo stile la comunicazione è infatti caratterizzata dalla capacità di esprimere i sentimenti, i bisogni e   le opinioni personali rispettando sentimenti, bisogni e opinioni degli altri.

Utilizzare quindi uno stile assertivo, una comunicazione chiara, sintetica con un tono di voce coerente a ciò che volgiamo comunicare, saper scegliere il giusto momento per noi e per il nostro interlocutore ed esercitare un ascolto attento ed attivo sono le basi per una comunicazione vincente.

2. VESTIBILITA’

In questa seconda dimensione non esistono consigli validi per tutti, ma vale il concetto di personalizzare il modo di vestire in base a ciò che dona, valorizza e fa stare a proprio agio.

Il modo di vestire contribuisce anche all’immagine, dice qualcosa di noi e per questo è bene esserne consapevoli perché questo permetterà di scegliere lo stile che più si adatta alla propria immagine.

Nel concetto di vestibilità è compreso anche l´aspetto dell´eleganza personale, che può indifferentemente descrivere uno stile originale o tradizionale.

3. VISIBILITA’

È il momento in cui l’involucro esterno della persona (verbalità, vestibilità) si aggancia e si unifica con il contenuto intimo (vivibilità, vitalità, 2 dimensioni che vedremo tra poco).

Visibilità come timbro d’identità, come difesa dall’anonimato, come scelta di riconoscimento globale.

Come si fa a lavorare sulla propria visibilità?

Si comincia lavorando sulla fiducia in sé stessi e su ciò che si vuole essere.

Questo implica conoscere i desideri più profondi, saperli ascoltare ed impostare le azioni necessarie per diventare la nostra migliore versione.

Ognuno deve immaginarsi come preferisce, senza tuttavia dimenticare nemmeno per un momento che l’autorappresentazione di visibilità non è destinata a rimanere un “sogno possibile” ma deve tradursi in realtà concreta.

A tal fine le linee di comportamento da attivare sono tre:

  • Realizzare nelle azioni quotidiane il modello globale. Ad esempio, se e si vuole essere visti come degni di fiducia: non concedersi pettegolezzi; se si vuol essere visti come più affidabili della media dei colleghi: non concedersi ritardi in nessun ambito; se si vuol essere visti come disponibili e leader sicuri di sé: non tirarsi mai indietro, proporsi sempre per primi per farsi carico anche delle
  • Lasciare e lanciare segnali precisi e mirati agli interlocutori importanti e nei luoghi strategici. I luoghi di visibilità sono diversi. Quelli professionali sono: le riunioni, i colloqui, la mensa, i corridoi, andare a presentarsi a colleghi e superiori se nuovi ecc. quelli sociali sono: inviare posta e cartoline, mantenere contatti con compagni di scuola e di università, partecipare ad assemblee ecc.
  • Fare manutenzione e miglioramento continuo della visibilità a mano a mano raggiunta, controllandone l’effetto e la percezione.

4. VIVIBILITA’

Questa quarta dimensione definisce la capacità di governare e impostare la propria esistenza in modo sereno, equilibrato, naturale, intonato ai propri bisogni e alle proprie preferenze, nel rispetto per gli altri ma principalmente nel rispetto di sé stessi.

Inoltre rappresenta il saper vivere in modo positivo con gli altri, facendosi accettare per come si è senza soffrire in inutili infingimenti di immagine e accettando gli altri per come sono, senza rimproverare loro di non essere come vorremmo.

Dimensione strettamente personale che si fa carico dell’armonia di tutte le dimensioni dell’individuo, rispettandone il benessere globale, quindi il corpo e la salute, l’emozione e la psiche, il successo e il riposo.

5. VITALITA’

Ultima dimensione ma non meno importante.

Rappresenta la fiducia in sé e negli altri, il pensiero positivo (sull’ottimismo razionale che ha deciso di vedere sempre e in ogni caso la bottiglia mezza piena anziché mezza vuota), sulla fedeltà del cambiamento (che altro non è se non la capacità di ricominciare ogni giorno, di accettare di cambiare ogni giorno il modo di fare per assecondare i cambiamenti ma rimanendo coerenti con se stessi).

La vitalità si esprime in un comportamento energico, attivo, benevolo, rapido, aperto, coraggioso.

Si concretizza in stile personale assertivo, propositivo, generoso, entusiasta.

Come avrete potuto notare, queste dimensioni sono tutte frutto di una conoscenza approfondita di sé, dei propri bisogni, desideri, punti di forza ed aree di miglioramento.

E’ proprio la conoscenza di sé che porta a scegliere le situazioni, le persone più in linea, il contesto lavorativo più adatto, la posizione più idonea.

La consapevolezza è alla base di una valorizzazione imbattibile e del saper vivere una vita in linea con il proprio essere!

Cosa aspetti? Inizia ad agire su queste dimensioni!

Meta-Morfosi

MetaMorfosi composto di Meta “Oltre” e Morphé “Nuova forma”. Due parole che insieme danno vita alla parola metamorfosi che sta a significare quindi oltre e verso una nuova forma.

La metamorfosi, potente simbolo di trasformazione, riflette sul piano psicologico un aspetto dell’incontro della psiche con il suo sviluppo: mutamenti radicali nella forma,nelle funzioni e nello stile di vita.

La metamorfosi avviene senza essere vista, attivata dalle dinamiche dell’inconscio, dal bisogno interno e da nuovi stimoli che risuonano con noi.

Il simbolo per eccellenza della metamorfosi è la farfalla in greco Psyché, che dopo molto tempo nella crisalide si schiude per dirigersi verso nuovi orizzonti. Il simbolismo della farfalla si trova illustrato nel mito
di Psiche, raffigurata negli affreschi di Pompei come una fanciulla
alata, simile ad una farfalla.

La metamorfosi richiede tempo e lavoro su stessi ma porta con se nuova forza e nuova luce, che insieme sono permettono di illuminare, vedere e creare qualcosa che ancor prima non era possibile.

Da questa riflessione nasce la pagina Psyché.

Coltiviamo sempre l’arte ascoltarci, guardare e guardarci con nuovi occhi per affrontare al meglio la naturale Evoluzione!

Che tu possa prendere quello che ti risuona e portarlo nel tuo cammino!

Solo per dirti Ciao!

Ci sono così tanti modi e maniere di salutarsi nel mondo!

Vorrei però concentrarmi sul significato di due parole, che ci permetteranno di esplorare anche le diversità tra Oriente ed Occidente.

La prima è ciao che deriva dal veneto ‘ciavo ovvero schiavo, ma deriva anche dal latino sclavus col medesimo significato con cui venivano indicate le persone di etnia slava che un tempo rappresentavano il maggior numero di schiavi del mediterraneo.

Il secondo termine è namasté che deriva dal sanscrito, l’antica lingua Indiana. Questa parola è composta da due vocaboli: “nama”, che significa saluto o riverenza e “té”, che indica noi. Il suo significato letterale sarebbe: “ti saluto” o anche “ti venero”.

Prestando attenzione, già queste due definizioni ci permettono di avere informazioni sulle diversità culturali tra Oriente ed Occidente, che tutti noi conosciamo almeno in parte.

“Ma come, ti saluto dicendoti che sei uno schiavo?” ”O,ti saluto dicendo che ti venero?”

Il potere delle parole e delle loro origini!

La cultura Orientale prevede il vivere in armonia con gli altri e con la natura, e attribuisce scarso significato alla vita umana presa nel suo singolo, perché ritenuta transitoria ed effimera. Quella Occidentale, invece, sposta il focus sul singolo individuo tanto da far sviluppare la competitività con l’altro così da essere definita come cultura individualista.

Quest’ultima di base segue ideali come l’affermazione individuale e l’indipendenza, gli orientali al contrario praticano l’interdipendenza e l’armonia con il mondo concentrandosi sull’ambiente e su tutto quello che li circonda.

Le diversità appaiono legate anche al pensiero, in Oriente prevalgono ragionamenti di tipo deduttivo, osservatore e spirituale, mentre in Occidente prevalgono quelli di tipo analitico, oggettivo, induttivo, materiale e concettuale.

Un test condotto da Denise Park (Urbana University, Illinois, Usa) nel maggio 2007, ha dimostrato come la cultura condizioni anche la percezione. Davanti a immagini che prevedono un’inversione figura–sfondo, gli asiatici colgono più rapidamente le variazioni sullo sfondo, mentre gli occidentali quelle in primo piano, dimostrando così maggiore sensibilità al contesto piuttosto che ai dettagli.

Quello che mi ha particolarmente colpito è scoprire come queste diverse culture possano influenzare anche lo sviluppo del cervello, che come sappiamo si adatta e si modifica come dimostrato anche dagli studi di Angelo Gemignani, ricercatore del CNR.

Il quoziente d’intelligenza è quello che maggiormente stupisce. Se in Occidente la media è 100, tra gli asiatici la media è 106, con una punta di 113 ad Hong Kong. Una delle spiegazioni è data dal ruolo della lingua. In un esperimento di Neuroscienze si è dimostrato che nei cervelli Cinesi si illumina anche una ragione dell’emisfero destro che noi Occidentali utilizziamo per elaborare la musica. La ragione è semplice: il cinese è una lingua più tonale e lo stesso suono può avere significati completamente diversi a seconda delle tonalità con cui questo viene pronunciato. La lingua Cinese stimola, quindi, almeno in parte la superiorità dei cervelli Orientali. Anche la comunicazione ha il suo perché nel mostrare le differenze culturali. Noi occidentali parliamo tantissimo, diamo importanza al contenuto e preferiamo la prosa. In Oriente si parla meno, si è più attenti alla forma e si recitano, per esempio, mantra Tibetani che sposano il genere letterario vicino alla poesia. Il nostro linguaggio secondo Cristopher Bollas, psicoanalista contemporaneo è chiaro ed esplicito e segue i canoni della trasmissione di un messaggio tra emittente e ricevente: in Oriente si parla per analogie e metafore, cercando di unire il rapporto tra le persone piuttosto che fissare confini e dividere.

Joan Chiao, ricercatrice della Northwestern University (USA) nel 2009 dimostra che: “c’è una regione del cervello subito dietro la fronte, nella corteccia prefrontale mediale, che si illumina quando una persona descrive se stessa”. Nei cinesi la stessa regione si illumina anche quando descrivono la loro madre, questo perché gli occidentali tendono a vedersi come autonomi, i cinesi come connessi ad un insieme più ampio.

Ritornando alle definizioni etimologiche di namasté l’aspetto più interessante di questa parola si rivela quando ci avviciniamo al suo significato filosofico. Ad esempio, namasté può essere interpretata come “niente mi appartiene”.

E’ una parola che trasmette la necessità di mettere da parte l’egoismo, per collegarsi con il nostro “io” interiore e accettare l’altra persona.

A differenza il ciao è diventata una cifra dell’italianità adatto ad un numero di circostanze più ampio.

Utilizziamo il ciao ad esempio per salutare piacevolmente un amico, oppure possiamo dirlo di fretta ed in tono non amichevole per concludere una conversazione e chiudere una situazione.

Sappiamo che la diversità è ricchezza e così mi e vi chiedo proviamo a salutarci con un ciao che assomigli ad un namasté? D’altronde salutare è fare spazio dentro di noi, entrare nella nostra stanza della relazione e fare spazio anche all’altro.

Non solo per diti ciao ma per accoglierti!

Ben-Essere

Cosa si intende per benessere?

Il dizionario riporta come prime voci queste 2 definizioni:

1. Stato armonico di salute, di forze fisiche e spirituali. “provare un senso di b.”

2. Condizione di prosperità garantita da un ottimo livello di vita e da vantaggi equamente distribuiti.

Se in primis c’è l’unione e l’integrazione della dimensione fisica e spirituale ed aggiungerei anche la dimensione psicologia, in secundis il benessere ci viene dato anche da un buon livello di vita e da vantaggi equamente distribuiti.

E quindi mi chiedo: la società cosa fa per darci benessere? Vogliamo parlare di vantaggi equamente distribuiti e meritocrazia? Vogliamo parlare di una gestione umana delle persone e delle cose? Bè credo che su questi ultimi punti ci sia ancora molto da fare. Casuale che la seconda definizione sia riportata proprio come “seconda” nel dizionario?

Così credo che sia probabilmente più utile ed emotivamente sostenibile concentrarsi sulla propria sfera personale e trovare il proprio equilibrio psicofisico, aumentando la nostra salute e curando la nostra spiritualità. Lavoriamo su noi stessi per poi contribuire ed impattare positivamente sulla società. Soltanto partendo da noi stessi possiamo contribuire ad innalzare la coscienza collettiva. Non è sempre facile e semplice farlo perché ognuno di noi lotta con le proprie paure, con i propri meccanismi e differenze ma credo non ci sia cosa più bella di lasciare spazio all’amore, alla propria vulnerabilità, integrando e riconoscendo le proprie zone d’ombra per riconoscersi è riconoscere l’altro.

Iniziamo a rifletterci ognuno di noi può fare la differenza.

Questo momento ci sta insegnando molto ed ognuno coglierà il proprio insegnamento.

E in questo inizio anno mi piace concludere così:

“Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo. Se cambi tu cambia il mondo”

-Mahatma Gandhi-

Possiamo fare la differenza, per il nostro benessere e per quello del nostro mondo!

Il nostro dialogo interiore: la nostra forza!

In questo preciso momento storico, dove l’equilibrio interno ed esterno è compromesso da nuove varianti di “virus” vorrei porre l’attenzione anche su un altro tipo di “virus” che viene generato dal nostro dialogo interno.

Siamo le nostre credenze, siamo le parole che ci diciamo, siamo come ci parliamo e per questo è importante coltivare e nutrire il dialogo con noi stessi affinché sia quanto più positivo possibile.

La nostra mente ci condiziona, se ci diciamo costantemente “Non ce la faccio…Ho paura..Non sono in grado di..” il nostro inconscio registrerà queste parole e farà di tutto, al fine di eliminare ogni possibilità di dissonanza cognitiva, di mantenere la coerenza portandoci così verso un mindset che ci farà sentire esattamente di: “non farcela, di avere ancora più paura di affrontare una decisione o di non essere proprio in grado di fare una determinata cosa”.

Le nostre affermazioni sono determinanti per il nostro stato d’animo e stato psichico.

Prendiamo consapevolezza del nostro dialogo interno e trasformiamolo in termini costruttivi, come se stessimo parlando alla versione migliore di noi stessi o al nostro più caro amico. Trattiamoci bene e non come un virus da debbellare!

Rendiamoci conto di che tono utilizziamo, con noi, ed anche di come questo possa essere influenzato da variabili esterne.

Va ricordato che la scoperta della plasticità del cervello ha avuto implicazioni di enorme importanza per quanto riguarda lo studio del rapporto uomo-ambiente, in cui ognuna delle due componenti ha un effetto trasformativo sull’altra.

Inoltre, si è visto anche come il nostro sistema neurocognitivo si adatti in base ai differenti stimoli visivi, e di come al contrario venga influenzato. Questo rapporto è preso in esame dalla Neuroestetica con gli studi avviati nel 1994 dal Neuroscienziato Semir Zeki.

Con questo voglio sottolineare inoltre l’importanza di creare e stare, soprattutto in questo momento, in situazioni di piacere, positive e di accendere un faro rivolto alla nostra interiorità, alla nostra anima per nutrirla con tutto ciò che ci fa stare bene.

Ricordiamoci che siamo un sistema integrato ed è importante prenderci cura anche della nostra alimentazione che va a nutrire il nostro secondo cervello (nel nostro stomaco ci sono milioni di neuroni). Su questo fronte molti sono gli studi correlati all’alimentazione a alle malattie Psicosomatiche, e si è visto come una corretta alimentazione possa prevenirle.

Curiamo la nostra mente, il nostro corpo ed il nostro spirito, l’unione fa la forza!